Azzurrina – Angela Nanetti

SINTESI DEL LIBRO:
«Azzurrina!» disse la castellana senza esitazione. «La chiamerò come il
colore dei fiordalisi».
I fiordalisi erano i suoi fiori preferiti.
E subito per tutto il castello, come un’onda leggera e sorridente, se ne
sparse la voce:
«Si chiamerà Azzurrinaaa!...»
Nel salone dove le dame sonnecchiavano, sulle torri dove le sentinelle
vigilavano, nelle cucine e nelle stalle; su e giù, fino al pennone dov’era il
girifalco, che quando sentì quel nome spiccò un volo verso il cielo,
gridando:
«Azzurrina, Azzurrina!!»
Perché tutti erano contenti di quella nascita e più di tutti la castellana, che
guardava la sua bambina, la cullava e la baciava notte e giorno. Bambina
più bella a lei sembrava che non ci potesse essere. E mentre la cullava e la
baciava, aspettava con impazienza il ritorno del suo sposo, il principe
Funesto, che era partito otto mesi prima per una guerricciola e, castello
dopo castello, non tornava ancora a casa.
Questo principe era il contrario esatto della moglie: quanto lei era bionda
e sorridente, lui era nero e cupo come una notte scura, tanto che nella sua
vita aveva riso sì e no dieci volte in tutto. Ma la castellana, che oltre a
essere bionda e sorridente era anche buona, era convinta che il principe,
alla vista di Azzurrina, avrebbe riso non solo per l’undicesima, ma per la
dodicesima volta. Tanto era bella e dolce la sua bambina.
Per questo l’aspettava con impazienza, e intanto dalla primavera si passava
all’estate e poi all’autunno e Azzurrina cresceva.
Metteva i denti, metteva i capelli, e più cresceva, più tutti la guardavano
preoccupati. E perché mai?
Perché Azzurrina non solo non aveva niente d’azzurro, se non il vestito
che sua madre le faceva indossare ogni giorno, ma era d’un solo colore:
bianchi i capelli, bianca la pelle come il latte di capra, bianche le ciglia e
gli occhi, che sembravano cristalli trasparenti.
«Macché Azzurrina» sussurrò un giorno una dama con disprezzo «la
doveva chiamare Albina!»
Allora, infatti, bianco si diceva albo, e alba si chiama ancora l’inizio del
giorno, quando la notte ormai se n’è andata e il cielo, prima che il sole lo
colori, è chiaro e luminoso.
E così era Azzurrina, chiara come l’alba e luminosa, perché sorrideva
sempre.
Come la madre sapeva cantare: a quattro anni cantava con una voce sottile
e leggera, che dalla stanza saliva fin sul pennone dov’era il girifalco e più
in alto ancora.
Ma Azzurrina sapeva fare altre cose: parlava con gli uccelli, per esempio,
coi fiori e con le foglie degli alberi. E gli uccelli le rispondevano, i fiori si
aprivano quando sentivano la sua voce e le foglie si muovevano, ora in
fretta ora lentamente, a seconda di quello che lei diceva.
Questo la castellana non lo sapeva fare ed era contenta d’avere una
bambina così bella e brava. Ma gli altri, nel castello, più il tempo passava
più erano preoccupati. Per mille ragioni, naturalmente: perché Funesto,
che era via da tanto tempo, prima o poi sarebbe arrivato e nessuno aveva
voglia di vederlo; perché faceva troppo caldo o troppo freddo; per questo
o per quello. Ma soprattutto erano preoccupati per quella bambina
bianca.
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