Autosole – Carlo Lucarelli

SINTESI DEL LIBRO:
Bravo azzurra. 180 km/h. Terza corsia. L’aria calda che entra dai finestrini aperti
schiaccia i fogli del listino prezzi contro il lunotto posteriore ed è come avere
due phon puntati contro le tempie. Lui guarda l’orologio e pensa Marangoni
subito, pausa pranzo dalla Luisa e dopo Longaretti, che tanto fa orario
continuato.
Poi pensa no, il pomeriggio Longaretti chiude. Allora prima lui, poi Marangoni
e salta la Luisa.
Poi pensa la Luisa.
Schiaccia l’acceleratore, mentre prende il cellulare. «Longaretti? Mi spiace, un
imprevisto...»
2CV azzurra e Mini Minor rossa. 140 km/h. Seconda e terza corsia, affiancate.
La radio della 2CV è fuori sintonia ed è solo un fruscio che raschia l’aria rovente
a tempo di reggae. Anche lui si sente fuori sintonia ma poi la biondina nell’auto
di sinistra solleva le ginocchia nude, aggancia le dita dei piedi al bordo del
cruscotto e gli lancia un’occhiata che gli sembra un po’ indecente. Lui pensa dai,
girati ancora, poi lei si china a toccarsi un’unghietta laccata di rosso, scopre il
tatuaggio sul bicipite del ragazzo che ha accanto (teschio + pugnale + scritta
“Natural Born Killer”) e lui rallenta di colpo.
Megane argentata, prima corsia. 100 km/h.
Loro sono di quelli che non sorpassano mai nessuno. Così deve aspettare che
siano gli altri a passargli davanti al mirino. Allora spara e resta a guardare le auto
che sbandano sul guardrail, falciando senza pietà quelli che escono con i vestiti
in fiamme. Ha tutto il finestrino spruzzato di bollicine di saliva per fare la
mitraglia con la lingua ed è lì che lo manda a sbattere con la fronte uno
scapaccione della mamma.
«E basta con questo rumore che ci stai facendo diventare scemi! Con questo
caldo, poi!»
Punto bianca, adesivo “ACI? siamo amici!” un po’ slabbrato sul bordo. A
tavoletta, su tutte le corsie, da una all’altra.
Guida tenendo il volante in basso, in modo che il gomito gli resti premuto sul
fianco. Approfitta dello spessore della pistola nella cintura per schiacciare
ancora di più il fazzoletto insanguinato contro il buco rovente che ha dentro.
Parla da solo, strizzando gli occhi per il sudore che gli scende sulla fronte.
Dice: «Quella guardia giurata, minchia, manco fosse stata sua la banca!».
Pullman, frigobar e tivù, stilizzate in decalcomania sulla vetrata posteriore. 90
km/h, prima corsia fissa.
Lui li odia i vecchi. Tanghi, mazurke e valzer nello stereo. Aria condizionata
spenta perché fa un po’ freschino. E quello là che arriva traballando tra i sedili,
puntuale come la morte, dopo la batteria di pentole per cucinare senz’olio.
«Come va? Ma lo sa che quando c’era la guerra lo guidavo anch’io un bestione
così?»
Scania bianco, sei assi più rimorchio, 120 km/h, seconda corsia fissa.
«Rambo? Qui Macho, mi copri? Dove hai detto che sta la Finanza?»
Mercedes 5000, terza corsia. In frenata.
L’avvocato alza la testa, trattenendo i fogli che gli scivolano dalle ginocchia.
«Che succede, Osvaldo, un incidente?»
Luci rosse e gialle, a intermittenza, che bruscamente rallentano, scivolano piano
e si fermano.
L’autostrada diventa un serpente dalle scaglie fitte, che lentamente si allunga, si
stende, abbagliante di riflessi, e attende, immobile, sotto al sole, respirando
piano al ritmo roco dei motori accesi.
BRAVO AZZURRA
TERZA CORSIA
Luci rosse e gialle che frenano, rallentano e piano piano si fermano. L’autostrada
diventa un serpente dalle scaglie fitte, che attende immobile sotto al sole rovente,
respirando piano.
Lui mormora: «Ma porca» e fa rotolare la erre fra gli incisivi, perché aveva
appena annullato due clienti per arrivare in tempo e già così ce la faceva al pelo.
Perché se non si fa vedere al solito tavolo in fondo a destra, la Luisa chiude il
ristorante e torna a casa con il marito ed è un gran peccato.
Perché, ovviamente, non è lui il marito della Luisa.
Passo d’uomo: finché c’è movimento c’è speranza. Le auto sfilano lungo i
finestrini, sembrano tornare indietro e poi ripassano avanti, lentissime.
Destra: la fiancata azzurra di un pullman.
Sinistra: arriva un signore con i baffi, sigillato dall’aria condizionata, beato lui.
Destra: il pullman torna indietro e arrivano le ruote di un camion ad ansimargli
nel finestrino un alito caldo di gomma.
Sinistra, destra. Passo d’uomo sull’asfalto che sembra in fiamme, galleria a
trecento metri e, dopo un chilometro, il casello d’uscita e la Luisa. Finché c’è
movimento c’è speranza.
Mano al telefonino sul cruscotto. Numero in memoria.
Segreteria telefonica del ristorante Piero e Luisa... riattacca. Piero, quando
tirava di boxe, lo chiamavano il Carnera della Bassa e non è il caso di lasciargli
un messaggio per la moglie. Già che c’è, controlla anche la propria, di segreteria.
Marangoni che lo aspetta per i riordini, Longaretti che ha pronta la fattura, la
Luisa: è un pezzo che non ti si vede qui... cos’è, hai cambiato zona? Eh no, no,
Cristo, no...
bisogna avvertirla.
Destra e sinistra, passo d’uomo. Altri cento metri verso la galleria. La camicia
incollata alla pelle. Lampo di genio: Coloretti. Tutti i sabati Coloretti va a pranzo
dalla Luisa. E Coloretti sa come stanno le cose: gliel’ha presentata lui, il giorno
che gli ha lasciato il posto per andare in pensione. Il dito che scorre sui tasti, a
cercare il numero in memoria, il cellulare che scivola sull’orecchio bagnato di
sudore. Altri cento metri verso la galleria. A sinistra, una Mini Minor rossa con
una biondina mezza nuda... segreteria telefonica... a destra, le gomme del
camion che ringhiano, cavernose e assordanti... dopo il segnale acustico, grazie.
«Coloretti? Emergenza. Appena senti il messaggio digli alla Luisa che molli il
cornutone e mi aspetti al solito posto, perché sto arrivando. Grazie.»
Passo d’uomo, ecco la galleria. Finché c’è movimento c’è speranza. Si volta e
sta per sorridere alla biondina della Mini Minor quando l’occhio gli cade sul
display del cellulare.
Posizione in memoria dell’ultimo numero chiamato: 12.
Coloretti ha l’11.
No! Ha chiamato di nuovo il ristorante! Coloretti... bisogna avvertire Coloretti,
che faccia qualcosa! Il numero, presto...
Passo d’uomo. Spalancata e rovente, la galleria lo ingoia come una bocca
gigantesca. Sul display del cellulare l’indicatore della copertura telefonica si
azzera di colpo sotto quella cappa di monossido velata dalla luce gialla del neon.
Davanti, dietro, a destra e a sinistra, le luci gialle e rosse riprendono a
lampeggiare e lentamente, senza speranza, il movimento si blocca.
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