Quello che alle donne non dicono – Salvo Di Grazia

SINTESI DEL LIBRO:
Cominciamo con una buona notizia per le lettrici: la donna, per sua
costituzione e fisiologia, è molto più forte e longeva dell’uomo. Per molti
anni i suoi ormoni la proteggono dalle malattie cardiovascolari, uno dei
disturbi più frequenti e tra le principali cause di morte. La gravidanza
tende a diminuire il rischio di tumore mammario (il più frequente nella
donna), la sua abitudine culturale (ma anche pratica, in gravidanza quasi
tutte le donne consultano un ginecologo) a sottoporsi a esami diagnostici
e visite mediche è un modo molto efficace per tenere la salute sotto
controllo.
La donna, dunque, vive già molto a lungo, molto più a lungo dell’uomo,
come confermano tutti i dati statistici nazionali e internazionali. Con un
particolare curioso, a mio avviso molto interessante. Probabilmente per
motivi biologici ed evolutivi la donna è favorita rispetto all’uomo già alla
nascita: nel caso di gravidanze difficili, parti fortemente prematuri o
difficoltosi, sono le bambine ad avere gli esiti migliori. Essere di sesso
maschile rappresenta un fattore di rischio già in questa fase, e i piccoli
maschi, in caso di difficoltà di sopravvivenza o di rischio di alterazioni
dello sviluppo neuropsicologico per problemi legati al parto, hanno meno
possibilità di salvarsi o di crescere sani.
Era una cosa che mi dicevano le vecchie ostetriche e alla quale stentavo a
credere, mi sembrava una delle tante leggende metropolitane legate al
parto e alla maternità. Così sono andato a controllare e mi sono reso
conto che è tutto vero. Diversi studi scientifici, infatti, confermano che,
per meccanismi ormonali e per altri meccanismi sconosciuti, a parità di
fattori, il sesso femminile è più resistente di quello maschile, e questa
resistenza si protrae per tutta la vita2. Tuttavia, nonostante la donna sia in
generale più “sana” dell’uomo, la salute è comunque al centro delle sue
preoccupazioni, a volte a ragione, a volte in maniera eccessiva e non
giustificata.
Va fatta una distinzione, però, tra i problemi di salute veri e propri (le
malattie) e i disturbi generici, inevitabili, non gravi, che possono
verificarsi nel corso della vita. La nostra salute è condizionata (non voglio
esagerare scrivendo “è decisa”, ma non direi una cosa del tutto campata
in aria) dalla genetica. Siamo quello che è scritto dentro le nostre cellule.
Eliminando tutti gli interventi esterni (lo studio del condizionamento
dell’ambiente sui nostri geni, una delle più interessanti nuove frontiere
della medicina, è la cosiddetta “epigenetica”), la nostra salute è già scritta
alla nascita, in parte ereditata dai nostri genitori.
Possiamo però mantenerla in ottimo stato o migliorarla. Possiamo
diminuire il rischio di avere qualche malattia (persino quelle gravi, come i
tumori), e possiamo mantenere le nostre cellule in buono stato anche in
età avanzata. Come farlo? Lo sappiamo benissimo. Lo sapete tutti voi che
mi state leggendo. I medici, i libri, i media ce lo ripetono continuamente.
Ve lo ripeterò anche io, così capirete perché, alla fine, pillole e pilloline
vinceranno sempre. Vinceranno perché l’alternativa ci sembra tanto,
troppo impegnativa. Per mantenersi in buona salute, compatibilmente
con la genetica che ci predispone a certe malattie, bisognerebbe infatti
vivere in maniera sana, cioè non condurre una vita sedentaria, quando
possibile stare all’aria aperta, alimentarsi in maniera varia soprattutto a
base vegetale, non eccedere con i capricci alimentari (grassi, zuccheri,
alcol). Questo stile di vita – come vedete noto e semplice – richiede
applicazione, programmazione, organizzazione, tutti aspetti che mal si
conciliano con la nostra vita frenetica, sempre piena di impegni.
Soprattutto, uno stile di vita sano sembra costringerci a evitare molte cose
che ci regalano piacere. E non c’è bisogno di essere filosofi epicurei per
sapere che rinunciare ai piaceri è difficilissimo.
Eppure sarebbe così semplice: vivere secondo le regole di buon senso
appena ricordate ci permetterebbe di stare meglio nel presente e
probabilmente ci risparmierebbe (fin quando possibile, è chiaro) dalle
malattie più gravi. Non dirò mai che bisognerebbe vivere per forza e
rigidamente così ma bisognerebbe avvicinarvisi il più possibile, essere
consapevoli che questo è l’obiettivo. Se poi per un giorno o per un
periodo non ci riusciamo, pazienza. Allo stesso tempo però dobbiamo
sapere che se vivremo in maniera opposta (tra abbondanza di cibo
spazzatura, comportamenti poco salutari, vita sedentaria, fumo e alcol)
rischiamo davvero di ammalarci. E dobbiamo renderci anche conto che,
in tal caso, non sarà una pillola, una vitamina o un integratore ad aiutarci
o a ridurre il rischio di patologie. La stragrande maggioranza delle pillole
che continuamente ci propinano come integratori, “ricostituenti”,
energetici e contro ogni disturbo e situazione sono, nella migliore delle
ipotesi, inutili.
I rimedi veri sono altri. Se si ha la pressione arteriosa alta (ipertensione,
in termini medici) possiamo prima di tutto provare a intervenire sullo
stile di vita. Sappiamo – è scientificamente provato – che un controllo del
peso e una vita non sedentaria riescono a riportare a valori accettabili la
pressione arteriosa. Ovviamente, se ciò non fosse sufficiente, è giusto
ricorrere ai farmaci, che sono utili ed efficaci. Certo, è molto più comodo
assumere una pillola invece di seguire una dieta e impegnarsi a vivere in
modo meno sedentario, ma è questo il punto ed è questa la chiave che
sfruttano le case farmaceutiche per trasformarci in clienti anziché trattarci
da persone consapevoli.
Le aziende farmaceutiche hanno tutto l’interesse (legittimo, vivono di
guadagni) a vendere farmaci, pillole, vitamine e integratori: il problema è
che spesso usano dei trucchi, delle tattiche, che hanno come scopo
proprio quello di farci percepire i piccoli disturbi come malattie gravi, di
farci vivere le normali fasi dell’esistenza come problemi da curare. I
produttori sanno (perché conoscono le proprietà dei rimedi che mettono
in commercio) se un loro prodotto ha la capacità di far perdere peso e
sanno anche che non esiste la pillola miracolosa per dimagrire. Ecco che
entrano in gioco i trucchi, le tattiche, le tecniche di marketing.
Nella maggioranza dei prodotti dimagranti vedrete in evidenza scritte
come “perdi fino a 10 chili in tre mesi!” e poi un asterisco (a volte
nemmeno quello) che richiama una scritta piccolissima, in fondo alla
scatola “*se il prodotto è accompagnato da un’adeguata attività fisica e un
regime alimentare controllato”. In pratica non ci stanno truffando, ma ci
stanno dicendo quello che già sappiamo: “perderai peso se mangi meglio
e ti muovi di più”, l’unica vera regola per dimagrire che abbia una valenza
scientifica reale. Che assumiamo o meno il loro prodotto ha poca
importanza, quello che ci attrae è proprio l’idea che se all’attività fisica e
alla dieta (sicuramente impegnative e spesso faticose) aggiungiamo una
pillola dalle proprietà quasi sempre misteriose (i meccanismi di molti
prodotti dimagranti non hanno nessuna prova di funzionamento o logica
medica), che, chissà come, ci aiuterà a dimagrire “di più”, avremo
risultati inaspettati e, ovviamente, a nostro vantaggio. Tattiche
commerciali.
In un suo studio del 2006, Leonore Tiefer elencava alcuni dei trucchi
usati dai produttori di medicinali per trasformare in “malattia” ciò che
malattia non è3. Il primo è quello di definire “sofferenza” un disturbo che
non lo è. Un esempio? La sessualità è sicuramente un aspetto importante
e decisivo per l’essere umano. In menopausa una donna può avere
problemi legati a questa sfera della sua vita. Già i cambiamenti ormonali
possono causare una diminuzione del desiderio, ma anche alcuni
mutamenti fisici possono creare dei disagi. Questo è necessariamente un
problema per tutte? Il fatto che una donna (ma anche un uomo) non
abbia desiderio sessuale è una malattia o semplicemente una fase della vita
che ognuna/o vive come meglio crede? Se una donna ne soffre esistono
dei rimedi, se invece per lei non rappresenta un problema non c’è alcun
bisogno di intervenire. Non è così? Eppure, c’è stata una fortissima corsa
al “Viagra rosa”, la pillola che avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi
sessuali femminili. Cercata, trovata, venduta (dopo fortissima spinta
pubblicitaria). Con un unico difetto: non funzionava. Tanto che alla fine
è stato un flop.
Un altro trucco? Descrivere un problema poco diffuso e che affligge
pochi individui come qualcosa di abnorme, che colpisce tantissime
persone, anzi, buona parte della popolazione. E così la percezione
generale sarà quella di un disagio grave e importante da risolvere, e i
farmaci che lo contrastano andranno a ruba. Oppure descrivere uno
strumento come “miracoloso” e privo di rischi, quando i risultati sono
modesti e i rischi, invece, tanti. Per anni, ad esempio, in tutto il mondo
(Italia compresa) si è venduto il rimedio “sicuro ed efficace” per
l’incontinenza urinaria femminile. Uno dei disagi femminili
particolarmente diffusi è proprio questo: la perdita involontaria di urina.
Le gravidanze, i parti, l’aumento di peso, i cambiamenti post-menopausa
possono produrre modificazioni sia muscolari sia ai tessuti che provocano
perdite di urina, soprattutto quando si compie uno sforzo. Facile
immaginare quanto possa essere disagevole e imbarazzante, soprattutto
per una donna giovane e attiva, convivere con questo problema.
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